L’oro e le differenti leghe utilizzate

oro gialloL’oro è un metallo dal caratteristico colore giallo, molto malleabile e resistente al tempo e agli agenti atmosferici, conosciuto fin dai tempi antichi per le sue caratteristiche organolettiche, che ne fanno un ottimo materiale da lavorare, nonché per il suo valore, che lo rende ancora oggi una delle migliori forme di investimento.

In chimica viene indicato dall’elemento Au, dal latino aurum, avente numero atomico pari a 79, appartenente al 6° periodo della tavola periodica, nell’ambito dei cosiddetti elementi di transizione.
Il punto di fusione molto elevato (pari a 1063 °C) e la forte resistenza all’ossidazione hanno da sempre affascinato gli uomini, tanto che la possibilità di gestirne estrazione e raffinazione ha dato origine in passato a guerre per il possesso dei principali giacimenti.
Inizialmente utilizzato per coniare monete, l’oro ha conosciuto nel corso della storia umana alterne fortune, subendo deprezzamenti e nuove rivalutazioni in considerazione della sua disponibilità, pur restando comunque uno dei beni principe, ancora oggi simbolo di ricchezza e oggetto di investimento.
I principali Paesi produttori sono ad oggi il Sudafrica (da cui fino al 2007 giungevano i due terzi di tutto l’oro estratto nel mondo), la Russia, il Canada, gli Stati Uniti, il Giappone e il continente australiano, ma negli ultimi anni il predominio delle estrazioni è da attribuirsi alla Cina, la cui produzione ha registrato un incremento davvero notevole (+ 59%) almeno a partire dal 2000. 

L’Italia non appartiene al novero dei grandi estrattori, ma non è del tutto priva di riserve aurifere, considerando che in varie zone del Paese (in particolar modo in Toscana), le analisi geofisiche dimostrano la presenza relativamente frequente del metallo giallo. 
Piccole quantità di oro sono presenti nei fiumi, principalmente nel Po e nel Tevere e nelle profondità del Monte Rosa si è rinvenuto un giacimento di grandi dimensioni, attualmente superiore ad esempio a quelli presenti nel Sud dell’Africa e che, pur essendo stato sfruttato fino al 1961 con le miniere di Macugnaga (in Piemonte), oggi non è più attivo a causa di vincoli ambientali e degli elevati costi di estrazione.
In passato altri giacimenti, in verità molto ridotti, si trovavano in Valle d’Aosta e in Sardegna.

In natura si rinviene in genere in giacimenti primari, ovvero all’interno di filoni “quarzosi” di natura e origine idrotermale, oppure in giacimenti secondari, che originano dalla dissoluzione dei primi, sotto forma di sabbia e arenaria aurifera.
Più raramente, l’oro appare legato ad altri minerali.
L’unità di misura comunemente utilizzata per l’oro è l’oncia, multiplo del carato.
Il carato, come unità di misura ponderale, pur non discostandosi mai molto dal valore medio di 0,205 grammi, ha subito nel corso dei secoli notevoli variazioni, legate oltre che all’epoca, alla posizione geografica di riferimento almeno fino a che, nel 1910 non venne introdotto il c.d. carato metrico, pari a 0,200 grammi.
Con riferimento all’oro, così come avviene per gli altri metalli nobili, il carato viene utilizzato in campo orafo per indicare la quantità di oro puro presente in una lega, ovvero la percentuale rispetto agli altri metalli.

L’oro allo stato grezzo è considerato puro, al netto delle impurità ed identificato con una titolatura stabilita in 24 Kt o 999,9 millesimi.
Ciò significa che 24 parti su 24 o 999,9 su 1000 (considerando che una minima percentuale di impurità è sempre presente) del campione considerato, sono costituite da oro. 
In oreficeria l’oro non viene mai utilizzato allo stato puro: la sua naturale morbidezza lo rende inadatto alla lavorazione tal quale. Si ricorre quindi all’unione in lega con altri metalli, principalmente con rame e argento, che influiscono non solo sulla caratura (ovvero sulla percentuale di oro puro presente), ma anche sull’aspetto e quindi la colorazione.
Molto apprezzati sono ad esempio: 
l’oro bianco contenente oro al 75%, palladio, argento, nichel o zinco al 25% ;
l’oro rosa, in cui la colorazione dipende dalle percentuali di rame e argento utilizzate, pari rispettivamente al 6,5% e al 18,5 – 20%;
l’oro giallo, anch’esso composto da oro, rame e argento, ma in proporzioni differenti, pari a 75%, 13 – 18% e 7 – 12%.
In linea di massima i monili presenti sul mercato sono in oro 18 Kt, 16 Kt o 14 Kt, ma non mancano esemplari con carature inferiori: in ogni caso fa fede l’indicazione impressa sul monile.

L’oro non è solo materiale per lavorazioni artigianali: allo stato puro viene utilizzato per forgiare lingotti e monete da investimento, nonché per la costruzione di alcune componenti elettroniche di largo uso (si trova in quantità non indifferenti anche nei computers domestici o nei cellulari, tanto che si sta studiando la possibilità di recuperarlo) e trova molteplici applicazioni anche in forma colloidale.
L’oro colloidale, ovvero la sospensione di piccolissime particelle d’oro in un liquido, in genere acqua, è conosciuto fin dal 1850 grazie al lavoro di Michael Faraday e ancora oggi oggetto di studio in relazione alle sue proprietà ottiche e di “riconoscimento molecolare”.
I campi di impiego sono molteplici e oltre alle nanotecnologie, sono particolarmente interessati gli ambienti medici, nei quali l’oro colloidale viene utilizzato, ad esempio, come veicolo per alcuni farmaci e per la ricerca sul cancro.

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